È l’8 giugno 1898 quando Domenico Ridola si accinge a scoprire le grandi trincee preistoriche a Murgia Timone. Già da qualche tempo, il medico e senatore, studioso di archeologia, ha intuito l’importanza di alcune tracce emerse dagli scavi che sta conducendo sull’altopiano murgiano di Matera. Oggi, però, gli balza chiaramente agli occhi il complesso nel suo insieme. «La forma di circolo indicava evidentemente un luogo chiuso ed i frammenti d’intonaco di capanne, che venivano fuori nei saggi di scavo, indicavano che quel sito fosse stato abitato», così scrive Ridola nel suo saggio “Le grandi trincee preistoriche di Matera” e poi aggiunge: «giudicai ben fondata l’ipotesi di un piccolo centro abitato, di un gruppo di capanne neolitiche circondate da un fosso».
Gli abitanti di quei villaggi, insomma, erano riusciti a tutelare questi luoghi e a difenderli proprio grazie ai fossati. Qualche mese dopo, in località Murgecchia, venne rinvenuta un’altra trincea e, nei mesi successivi, ne furono trovate altre due in località Tirlecchia. Lo scopo fu chiaro: la difesa e la custodia dei villaggi primitivi, ma ciò che di questa scoperta colpisce maggiormente Ridola è il fatto che l’aspetto delle fosse sia rimasto intatto, dal momento del loro abbandono ad oggi.