Un clima di miseria e di difficoltà. Gli anni del secondo dopoguerra sono stati segnati nel Mezzogiorno e in Basilicata anche da profondi cambiamenti riguardanti la condizione di braccianti e contadini. Il 2 agosto 1945 a Ferrandina, centro del materano particolarmente interessato da tali sconvolgimenti, ha luogo una vera e propria sommossa popolare di cui si fanno portavoce i lavoratori dei campi. La richiesta? L’allontanamento dei latifondisti e l’assegnazione delle terre incolte. Quella data segna, infatti, il culmine di una serie di episodi che, in maniera più o meno latente, avevano fatto crescere il malcontento di chi ogni giorno lavorava la terra.
Nei tafferugli di quella giornata di agosto viene ucciso Vincenzo Caputi, ritenuto il mandante di un omicidio avvenuto più di venti anni prima ai danni di Nicola Montefinese, consigliere provinciale socialista e sindaco.
Per ristabilire l’ordine, nel timore di una violenza sempre più crescente che avrebbe portato a un inasprimento ulteriore del clima già teso, interviene, quindi, il ministro Scelba attraverso l’invio di forze militari.
Le rivendicazioni in terra lucana sarebbero andate avanti, però, ancora per alcuni anni dopo i fatti di Ferrandina, quando anche Montescaglioso e Melfi sarebbero diventate teatro di accadimenti drammatici nell’ambito delle lotte contadine. La riforma agraria sarebbe arrivata solo nel 1950.