15 dicembre 1953, a soli trent’anni muore, stroncato da un infarto, Rocco Scotellaro.
Nato a Tricarico, da padre calzolaio e madre casalinga, Rocco ama le sue umili radici, di cui non rinnega nulla. Sceglie comunque di studiare e di dedicarsi sin da giovane alla vita politica: prende la maturità classica e milita nel partito Socialista, avviando anche un’intensa attività sindacale. Convinto delle sue idee, che rivendicano un miglioramento della qualità della vita contadina, di cui ne è testimone oculare, avvia una intensa attività politica in cui il tema principale è il dramma della povertà del sud.
Diventa sindaco di Tricarico a soli ventitré anni e questo avvenimento gli cambia la vita per sempre. I suoi avversari lo accusano di concussione, truffa e associazione a delinquere, per questo viene incarcerato per quarantacinque giorni a Matera.
Quando viene assolto con formula piena, perché le accuse sono infondate, Rocco non è più lo stesso: da questo momento in poi vuole chiudere con la politica e dedicarsi solo alla letteratura.
Dall’esperienza in carcere nasce il libro autobiografico “L’uva puttanella”: poesie autentiche (oltre cento composizioni), che raccontano la vita contadina, non più col piglio politico ma col cuore del poeta. Si dedica anche alla stesura di opere teatrali, romanzi e racconti.
La casa editrice Einaudi gli chiede di realizzare un documentario sulla popolazione e sulla vita nel sud Italia, che però non riesce a completare: un infarto, infatti, lo uccide quando è ancora giovane e pieno di idee.
Quelle stesse idee che Carlo Levi, suo grande ammiratore, farà pubblicare e grazie alle quali, nel 1954, Rocco Scotellaro vincerà il Premio Viareggio e il Premio San Pellegrino.