Il 10 maggio 1799, Picerno cade nelle mani dei Borboni. È una terribile sconfitta. L’orgoglio dei picernesi è, però, intatto: per giorni, le forze repubblicane, costituite da uomini e da molte donne, hanno tenuto in scacco le truppe lealiste.
Quando giunge la notizia della proclamazione della Repubblica napoletana, avvenuta il 23 gennaio 1799, infatti, Picerno si affretta a dichiarare decaduti i Borboni. Si issa l’albero della libertà. È il palo, su cui è appeso un berretto frigio ed alcune bandiere, simbolo dell’adesione agli ideali di “Libertè, Egalitè, Fraternitè”.
Purtroppo, però, l’allegria che contraddistingue queste giornate è destinata a decadere. Gruppi sanfedisti, guidati da Guglielmo Harley e da Gerardo Curcio da Polla, detto “Sciarpa”, sono presto alle porte.
La città si organizza come può e riesce, a più riprese, ad allontanare gli assalitori. Ma quanto la repubblica partenopea comincia a mostrare segni di cedimento e le truppe borboniche si compattano, tenere loro testa diventa complicato.
Molte donne, travestite da uomini, difendono la città. Ma, cinta d’assedio, Picerno comincia a lamentare la scarsità di munizioni. Per sopperire a questa mancanza, la popolazione fonde utensili da cucina e, successivamente, anche le canne d’organo delle chiese.
Il numero dei Sanfedisti e la qualità della loro artiglieria, nel frattempo, aumentano significativamente.
Il 10 maggio 1799 Picerno cade ed è messa a ferro e fuoco.
Ben 70 picernesi, di cui quasi 20 donne che si sono battute per la libertà, sono giustiziati.
Tramonta così, per il momento, il sogno libertario ed egualitario. Ma, da questo momento in poi, Picerno è conosciuta come la “Leonessa della Lucania”.