La statua di san Laviero presente nell’omonima parrocchia a Tito (Potenza) (foto Facebook Parrocchia San Laviero Tito)
Il 17 novembre 312, a Grumentum – antica città romana della Basilicata, nei pressi dell’odierna Grumento Nova (Potenza) – un uomo inerme viene decapitato da alcuni soldati romani: è san Laviero, il futuro patrono di Tito e compatrono di Acerenza.
Nei pressi, vi sono alcune persone. Vorrebbero fermare la spada ma non possono o non osano. Quando l’arma si abbassa, strozzano un grido tra le mani e chiudono gli occhi.
Infine, tutto è compiuto. L’anima dell’ucciso sale al cielo, generando il terrore fra i suoi aguzzini. Una grossa chiazza di sangue resta, però, a ricordare il terribile massacro. Si decide che sarà eretta una chiesa proprio in questo punto in onore di Laviero, il santo martire che si è fatto uccidere per la propria fede.
Per i cristiani, questi, sono anni difficili, dopo l’editto dell’imperatore Diocleziano, nel 303, vengono infatti perseguitati crudelmente. Laviero, nato forse a Teggiano (Salerno) da una famiglia pagana, si converte giovanissimo alla parola di Gesù e si dedica al proselitismo. Ad Acerenza, il prefetto Agrippa gli impone di immolarsi agli dei.
Colpito dal rifiuto, lo tortura nella piazza del borgo: che serva da monito per tutti i cittadini. Ma Laviero resiste. Persino le feroci fiere che avrebbero dovuto sbranarlo si prostrano al suo cospetto e un angelo gli apre la porta della cella per farlo scappare.
Braccato, il santo raggiunge Grumentum dove battezza chiunque glielo chieda. Centinaia di soldati gli sono alle calcagna e quando lo catturano, prima lo flagellano e poi lo decapitano.
La devozione nei suoi confronti ha attraversato, immutata, tutti questi secoli.