Ciò che resta della vecchia Campomaggiore, la “città dell’utopia” (foto luigi.cannella/Wikimedia Commons)
Il 10 febbraio 1885 una terribile frana si abbatte su Campomaggiore (Potenza). Il paese è distrutto ma i suoi abitanti sono fortunatamente illesi.
Il merito, racconta la leggenda, è della Madonna del Monte Carmelo.
L’abitato di Campomaggiore è il sogno realizzato della famiglia Rendina, che nel 1741 ha edificato la “città dell’utopia”: un paese bello, progettato da Giovanni Patturelli, un architetto allievo del Vanvitelli con una stazione dei treni e una grande fontana. Ma è soprattutto un borgo senza povertà e miseria dove tutti vivono dignitosamente grazie a sistemi all’avanguardia di produzione agricola e di allevamento.
C’è un unico errore di fondo, purtroppo cruciale: la zona scelta per edificare il paese sorge su un’area acquitrinosa e instabile.
Qualche giorno prima della frana due contadini, tornando dal lavoro nei campi, si trovano davanti una donna bellissima e ricoperta di luce: è la Beata Vergine del Monte Carmelo. La riconoscono per le vesti e per quello che dice. La Madonna li mette in guardia: tra non molto il paese sarà spazzato via e devastato da alcuni crolli. Tanto basta per mettere in allerta tutti gli abitanti.
All’alba del 10 febbraio, alcuni asini si rifiutano di attraversare un ponte. Un attimo dopo, gli abitanti lo vedono crollare. In poche ore tutte le case, e persino il palazzo dei conti Rendina e la chiesa, si frantumano sotto il peso della frana. È la fine del sogno. Si ricostruirà 400 metri oltre. Almeno, però, non ci sono lutti nelle famiglie, e nessuno è rimasto ferito.