È l’alba del 23 marzo 1945 e, per il magistrato Nicola Panevino, quella di oggi sarà l’ultima che vedrà.
Prelevato dal carcere di Marassi, a Genova, viene portato in una valletta vicino il cimitero di Cravasco e fucilato dai tedeschi.
Panevino nasce in Basilicata, precisamente a Carbone, in provincia di Potenza, ma giovanissimo si trasferisce a Napoli per studiare e laurearsi in giurisprudenza all’Università Federico II. Sempre a Napoli comincia la sua carriera di magistrato presso il Tribunale dei Minori.
A 32 anni, nel 1942, si trasferisce a Savona in qualità di giudice, si iscrive al Partito d’Azione clandestino e, col nome in codice “Silva”, dà vita alla Brigata GL Savona organizzando così una delle prime formazioni partigiane della zona.
In questo stesso periodo sposa Elena dalla quale ha una bambina, Gabriella (che resterà orfana di padre a sette mesi).
Diventa presidente del CNL di Savona, il comitato di liberazione nazionale, che contrasta il fascismo e le sue idee, mantenendosi in contatto coi partigiani di Genova e Alessandria ai quali fornisce anche uomini.
La sera del 14 dicembre 1944, Panevino sta rientrando a casa da sua moglie, la quale ha lasciato un segnale alla finestra per far capire al marito che qualcosa sta per succedere: è stato infatti tradito da una delegazione. Nicola non si accorge del segnale e, arrivato vicino la sua abitazione, viene arrestato. Qui comincia il suo calvario che durerà diversi mesi in cui sarà torturato e picchiato. Fino al giorno in cui vien brutalmente ucciso.
Panevino era molto credente e profondamente innamorato della sua famiglia, tanto che poco prima di morire, riesce a scrivere una lettera carica d’amore e speranza a sua moglie. Una missiva in cui dice che vorrà festeggiare la Pasqua con lei e l’onomastico della bimba il 22 aprile. Conclude il messaggio ponendo la sua fiducia in Dio.
Oggi, Nicola riposa nel cimitero di Aliano, luogo di nascita di suo padre.