di Agnese Ferri
Orsi, tori e alberi che camminano tra i vicoli di Tricarico: il paese lucano è la capitale delle maschere antropologiche, che da 13 anni si danno appuntamento qui. Ad arrivare in Basilicata è un pezzo d’Italia e del mondo per una due giorni ricca di eventi, talk, concerti. L’evento clou è la sfilata delle maschere, con i costumi della tradizione italiana da Brescia a Misterbianco, in provincia di Catania, passando per la Sardegna, le Marche, e naturalmente le maschere più antiche e celebri della Basilicata, grazie alla rete dei carnevali lucani. L’edizione di quest’anno (venerdì 31 maggio e sabato primo giugno) ha visto protagoniste anche Croazia, Bulgaria e Slovenia, che sono arrivate a Tricarico con le loro tradizioni ataviche e scenografiche, lasciando il pubblico a bocca aperta. Per raccontare il raduno 2024, abbiamo coinvolto Rocco Stasi, presidente della Pro Loco di Tricarico, che ha curato l’organizzazione del festival.
Presidente Stasi, soddisfatto dell’edizione di quest’anno?
«È stata un’edizione da record per presenze e gradimento: abbiamo registrato circa diecimila presenze, un risultato eccezionale. I visitatori hanno affollato Tricarico già dalla mattina, visitando il centro storico. Dopotutto, siamo anche città d’arte. Contiamo di replicare questo successo anche il prossimo anno. Certo, avremmo bisogno che la Regione Basilicata ci desse una mano. Per questa edizione abbiamo fatto tutto in autofinanziamento, ma non si può ignorare che una manifestazione come questa sviluppa reddito per una comunità intera».
La risposta dalla Basilicata, comunque, c’è stata.
«Sì, ed è stata ottima: sono arrivate oltre cento delegazioni da altrettanti comuni lucani. Ed erano molte di più se contiamo anche i figuranti: oltre 600. Molti comuni, infatti, hanno partecipato con i loro cortei storici».
Come nascono i contatti con le altre delegazioni?
«Nel tempo siamo stati in grado di sviluppare una rete di conoscenze e competenze di gestione. È il know-how che ci aiuta, perché abbiamo costruito una mappatura che si arricchisce sempre di più. I Grobnički dondolaši (la delegazione della Croazia, ndr) ad esempio li ho visti per la prima volta nel 2020 a Rijeka, quando siamo andati con L Maskr di Tricarico e le altre maschere della rete dei carnevali lucani. Ne rimasi colpito e m’informai su di loro attraverso un fotografo argentino naturalizzato francese che venne a fotografare le nostre maschere. La rete di conoscenze costruita negli anni è un patrimonio enorme. Inoltre, noi abbiamo il polso di una situazione che non riguarda solo l’Italia, ma l’intera Europa».
È accaduto lo stesso con la Sardegna?
«Sì, anche la connessione privilegiata con loro fa parte di questa rete: è una terra che si apre molto ai gemellaggi. Dopotutto, non sono tanto i cervelli a fare rete, quanto i cuori».
Quella di quest’anno è stata la tredicesima edizione. Com’è cresciuto il raduno in questi anni?
«Sono gli elementi di novità a permettergli di crescere. Ogni anno sviluppiamo idee per arricchirlo. Quest’anno abbiamo pensato di legare la manifestazione ai sapori, attraverso un percorso enogastronomico che ha visto coinvolti gli esercizi commerciali del territorio: forni, pizzerie, ristoranti, pasticcerie…tutti hanno condiviso il nostro disegno. Hanno collaborato anche i paesi esteri, come Colombia e Croazia».
Non solo maschere, dunque.
«Molto spazio è stato lasciato anche gli incontri, che non sono i soliti convegni. Quest’anno abbiamo scelto di parlare di attualità, dell’incidenza che queste manifestazioni hanno nell’economia e nel sociale, senza che diventino elementi per alimentare gli stereotipi. Queste manifestazioni non sono un retaggio nostalgico, ma attualità. Una comunità legata alle proprie radici, come un albero, cresce rigogliosa. E riesce a restare forte».
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