Si spegne l’11 luglio 1973, a soli ventotto anni, Giuliana Brescia, scrittrice e poetessa originaria di Rionero in Vulture. C’è chi nei suoi scritti ha rintracciato echi saffici, riscontrando alcune analogie con la poetessa greca. Molti hanno sottolineato come nei versi di Giuliana Brescia risuonassero le influenze di altre due grandi autrici lucane: Aurora Sanseverino e l’indimenticata Isabella Morra. Proprio a quest’ultima parrebbe essere legata in maniera velata la poetica della scrittrice rionerese. Come Isabella Morra, anche Giuliana Brescia lascia trapelare nelle sue parole un senso di profonda inquietudine e angoscia, costantemente accompagnati da un rifiuto del mondo, sentimenti che sarebbero, poi, culminati nella scelta di abbandonare questa Terra.
Lettere dense di pathos in grado di creare profondi intrecci e di far calare il lettore nei meandri di un animo sensibile e tormentato. Il sogno, il femminile, gli interrogativi esistenziali e un’antica tristezza senza catarsi trovano spazio nelle opere dell’autrice lucana, pubblicate dopo la sua morte.
Importante ricordare il riferimento a uno sfondo, in particolare, quello dei laghi di Monticchio, che la critica ha identificato come un luogo cruciale, espressione dalla terra amata da cui la scrittrice si è congedata. “Giuliana è nella sfera degli eletti. Breve il ciclo della vita, ma intenso il rapporto con l’arte”, per citare la sua biografa.