L’8 ottobre 1865 è siglata un’importante convenzione tra i Ministero delle Finanze e dei lavori pubblici e la Società Vittorio Emanuele. Si tratta del documento con cui si stabilisce la costruzione della ferrovia che collegherà Potenza a Salerno.
In quegli anni, il treno porta con sé una carica di benessere e di senso del progresso. Laddove le comunicazioni sono più efficienti, infatti, è facile migliorino anche le condizioni economiche delle popolazioni interessate, alimentando un circolo virtuoso e favorendo la costruzione di società più complesse.
Fino a questo momento, però, Potenza è rimasta ai margini di tutto questo.
La città, infatti, è diventata capoluogo di provincia già nel 1806 ma, da allora, ben poco è cambiato. Rispetto ad altre città del meridione con il medesimo status, le sue condizioni di arretratezza sono evidenti. Come se non bastasse, nel 1857, un terremoto devastante si è abbattuto sul territorio peggiorando ulteriormente le cose. Abitazioni e strade sono state compromesse. Il tessuto sociale ed economico è stato orribilmente piegato. Moltissime famiglie lucane hanno cominciato a emigrare.
All’inizio della seconda metà del 1800, Potenza manca ancora d’infrastrutture di rilievo e anche dal punto di vista urbanistico c’è ben poco degli agglomerati urbani europei del XIX secolo. Eppure, in appena 50 anni, il numero degli abitanti è più che raddoppiato, superando le 16.000 persone.
Un collegamento con le maggiori città del Mezzogiorno diventa, così, indispensabile.
I lavori per la costruzione della ferrovia si concluderanno solo dopo 20 anni, ma, adesso, la messa a dimora per la prima pietra della strada ferrata sembra indicare la prospettiva di un futuro non più così lontano e che porta con sé tutto l’ottimismo e l’energia di cui è latore.