Leggi gli articoli di oggi:
- Sogno e preghiera: guarire dalla fascinazione a Grottole
- Colobraro, da pese “innominabile” ad appuntamento fisso dell’estate lucana
- La Rocca del cappello ad Albano di Lucania
- Chierici volanti tra tempeste e raccolti perduti
In Basilicata, ci sono luoghi che evocano la magia e il timore di arcane fatture solo ad essere nominati, al punto che -molto spesso – la fama sinistra di queste località rimane loro appiccicata addosso come uno stigma… o, meglio, come un’opportunità. Succede a Colobraro, nella “notte a quel paese“. Ma ci sono anche altri luoghi che continuano ad ammaliarci con la forza arcana di mai sopite malie: si tratta di Castelmezzano e Albano di Lucania dove certi incantesimi rimangono ancora fortemente aggrappati alla memoria collettiva.
Lo sguardo, un pensiero, l’invidia che avvampa. Basta uno di questi veicoli per essere sottomessi alla “fascinazione”: il fondamento della “bassa magia cerimoniale lucana”, secondo l’antropologo Ernesto De Martino nel suo saggio “Sud e Magia”.
In passato, nelle case rurali della Basilicata, di fronte a una sventura, il primo pensiero che si affacciava alla mente era la presenza dell’“affascino”, un’influenza maligna o un “malocchio” gettato sulla vittima, per lo più di sesso femminile.
Grottole, in provincia di Matera, è uno dei borghi rurali più antichi della Basilicata, con ritrovamenti d’insediamenti umani che risalgono alla preistoria. I suoi 2079 abitanti vivono tra strade strette e acciottolate, in un territorio compreso tra i fiumi Bradano e Basento, nel contesto naturale della Riserva di San Giuliano. Qui si racconta che le donne accertassero da sole la natura magica della propria afflizione. Per farlo, versavano dell’olio in una bacinella d’acqua. Se l’olio si spandeva, la fascinazione era certa. In questo caso, l’acqua si gettava per strada in attesa che qualcuno, calpestandola, prendesse su di sé la fascinatura. In altri casi, però, l’aiuto della magiara era essenziale.
In stanze fredde e buie, l’anziana maga si avvicinava alle vittime e tracciava piccoli segni della croce sulle loro fronti prima di raggiungere uno stato onirico. La sua voce si faceva più profonda mentre recitava l’orazione: “ Padre, Figlio e Spirito Santo/Fascinatura va’ da là via (allontanati)/Va’ da affascinare/ca è carne battezzata. (che è una persona battezzata).
Il nostro itinerario sulle strade della magia ci porta nel borgo “innominabile della Basilicata, Colobraro, che è riuscito a costruire, sulla sua ingiusta nomea, il “sogno di una notte a quel paese”, uno dei vettori turistici più riusciti dell’estate lucana. Eppure, qui, anche Ernesto De Martino confidò di essere stato braccato da un’improvvisa sfortuna, nel corso dei suoi studi antropologici sulla cultura popolare e contadina in Basilicata, negli anni ’50.
Albano di Lucania osserva la natura intorno dallo sperone roccioso su cui sorge, a quasi 900 metri di altitudine. Da lassù, nello scenario tagliante delle Dolomiti Lucane, il borgo osserva da secoli molte delle cose che accadono. E le custodisce.
Ci sono echi di maghi e magiare, ad Albano e, la sera, quando la luce del tramonto allarga gli orizzonti, sembrano aprirsi varchi verso dimensioni incantate. Per raggiungere una di queste è sufficiente mettersi in cammino, magari durante l’equinozio di primavera, lungo il “sentiero rituale”.
S’imbocca dalla curva del Monticello. E si prosegue in uno spazio relativamente breve. Ma che permette di coprire intere ere.
«Monaco saglie, monaco scinne”.
Si tratta di un’antica formula magica che si racconta fosse recitata a Viggiano, il paese dell’arpa e della Madonna Nera. Con questa frase si racconta che i monaci potessero sollevarsi nell’aria scatenando furiose tempeste con cui distruggevano i raccolti di quanti si rifiutavano di pagare le decime. Una volta, però, questa maledizione si abbatté anche sul campo di una giovane: aveva osato rifiutare le avances del prete. Ma la giustizia trovò comunque il modo di farsi largo e di prendere il sopravvento ponendo fine a questa sventura…