Voce e testo di Sergio Palomba
Indossano un lungo mantello o un nero cappotto, travisati da un lunga barba e dei grandi occhiali, con il capo coperto da cappelli dalla falda larghissima.
Nella notte che precede l’Epifania, a Montescaglioso (Matera), compaiono i Cucibocca.
Questi inquietanti personaggi vengono fuori dall’Abbazia di San Michele Arcangelo e percorrono i vicoli del centro storico anticipati dal rumore della catena che portano legata alla caviglia. Con in mano una lanterna che gli illumina il percorso, cercano e chiedono offerte di ogni tipo dalla gente del paese, che depongono in un cesto. Prendono il nome, però, dal grande ago con cui sono soliti spaventare i bambini: se non faranno i bravi, appunto, gli cuciranno la bocca.
Si tratta, ovviamente, di una messa in scena ma, in ogni caso, i bambini di Montescaglioso, sospesi tra un po’ di strizza e tanta curiosità, attendono così l’arrivo della Befana coi genitori, mangiando con loro, a casa ma talvolta anche nelle piazze, i “nove bocconi dei Cucibocca”, nove prelibatezze della collina materana, ultimi strascichi dei bagordi natalizi prima dell’arrivo della Quaresima.
Un rituale semplice e realizzato con pochissimo (le barbe dei Cucibocca sono di canapa, gli occhiali di bucce d’arancia e i cappelli ricavati dai dischi di canapa dei frantoi) ma dalla grande portata suggestiva, soprattutto per i più piccoli, che affonda le radici in diverse interpretazioni.
C’è chi sostiene che questi misteriosi figuri rappresentino le anime dei defunti che, dal Purgatorio, tornano nelle proprie case alla ricerca di cibo e acqua; altri guardano ai Cucibocca come dei personaggi inventati dai contadini che, travestendosi, per una sera all’anno, riuscivano a entrare a casa dei padroni per saziarsi un po’.
Un rimando evidente, tuttavia, è presente nella biblioteca dell’abbazia benedettina montese. In un affresco è raffigurato Arpocrate, dio egizio del silenzio, con la barba lunga e con indosso un abito scuro, che mima il gesto del silenzio col dito indice sulle labbra.